DAL QUOTIDIANO
CORRIERE DELLA SERA .IT DEL 02 aprile 2005 ( http://www.corriere.it
)
Viaggiatore "super" con il gusto di
sfidare il mondo
di LUIGI ACCATTOLI
Parte
sempre con l'Alitalia e per tornare usa un aereo del
Paese ospitante A bordo con i giornalisti l'atmosfera
è caotica tra telecamere, microfoni, fotografi che
saltano sulle poltrone, registratori che gli coprono
la faccia
"Cristo non ci ha detto
"Sedete in Vaticano", ma ci ha detto:
"Andate in tutto il mondo": così Giovanni
Paolo II ha difeso una volta l'"eccesso" dei
suoi viaggi, parlando a tavola con i vescovi italiani,
il 10 dicembre 1994, a Loreto. In vent'anni di
Pontificato, ha fatto 84 viaggi fuori d'Italia e 132 in
Italia: in totale sono 216 viaggi, che l'hanno portato
in 116 paesi e in 252 località italiane. E' stato sette
volte in Polonia ed è già annunciato che ci tornerà
per l'ottava volta il prossimo giugno. E' appena andato
in Croazia, all'inizio di ottobre ed era la seconda
visita in quel paese. In giugno era volato in Austria ed
era la terza visita. E' stato sei volte in Francia,
quattro volte in Spagna e negli Usa. Il gennaio prossimo
andrà in Messico e sarà la terza volta, a vent'anni
esatti dal primo di tutti i suoi viaggi, che lo portò
appunto nella Repubblica Dominicana e in Messico nel
gennaio del 1979.
Giovanni Paolo II è consapevole
dell'eccesso dei suoi viaggi, ma ritiene che sia la
Provvidenza a volerlo: "Molti dicono che il Papa
viaggia troppo e a scadenze troppo ravvicinate. Penso
che, umanamente parlando, costoro abbiano ragione. Ma è
la Provvidenza che ci guida e qualche volta ci
suggerisce di fare qualcosa per excessum". Così
parlò in un'intervista all'"Osservatore
Romano" del 13 giugno 1980. Il continuo viaggiare
è l'aspetto insieme più vistoso e più originale del
suo Pontificato, e anche quello più discusso. Wojtyla
usa i viaggi sia come mezzo di comunicazione di massa,
sia come strumento per il governo della Chiesa. Essi
hanno avuto un ruolo decisivo nel determinare l'immagine
del Pontificato. Il viaggio papale come media di massa
inizia con le interviste sull'aereo: sempre Giovanni
Paolo parte con un aereo dell'Alitalia (sono voli
charter, con trenta persone del seguito, qualche
invitato dei Paesi ospitanti, una cinquantina di
giornalisti) e torna con uno della compagnia di bandiera
dell'ultimo Paese visitato.
Avviene tutto in grande
confusione, tra microfoni e telecamere, fotografi che
saltano sulle poltrone, registratori che coprono la
faccia del Papa. Risponde a ogni domanda, a volte è
ironico: "Quando voglio sapere qualcosa sulla mia
salute, debbo leggere i giornali!", ha detto il
gennaio scorso andando a Cuba. Un Papa che viaggia fa
sempre notizia, ma se è Papa Wojtyla fa notizia due
volte perché improvvisa e tre volte perché si mette
nei pericoli: visita Paesi in guerra, va dove lo
sconsigliano di andare e dove non lo vogliono, dà la
benedizione dov'è proibito (per esempio nelle piazze
del Messico massone), parla di argomenti tabù (per
esempio della legge marziale mentre visita la Polonia
del generale Jaruzelski nel 1983), fa autocritica per la
strage di San Bartolomeo esattamente nella
"notte" di San Bartolomeo (a Parigi, il 24
agosto 1997). Crea insomma l'evento, se esso non c'è.
Non ha inventato lui i viaggi papali: anche in epoca
moderna, avevano viaggiato ampiamente Pio VI e Pio VII
nell'età napoleonica, Pio XI nel tentativo di fermare
la disgregazione dello Stato Pontificio, Paolo VI dopo
il Concilio.
Ma il suo modo di viaggiare è
diverso da tutti gli altri: non è un viaggiatore
occasionale, ma un viaggiatore per metodo e vocazione. I
viaggi più lunghi sono stati quelli in Uruguay - Cile -
Argentina dell'aprile 1987 e in Estremo Oriente (Bangladesh,
Singapore, Figi, Nuova Zelanda, Australia, Seychelles)
del novembre 1986, che durarono 14 giorni ciascuno. I
viaggi internazionali sono stati - in media - quattro
all'anno. Ma essendo che in due anni - 1981 e 1984 - ha
viaggiato si meno, a motivo dell'attentato e della
rottura del femore destro, la media reale sale oltre i
sei viaggi all'anno. Essi l'hanno portato 44 volte in
varie parti d'Europa (persino nel Liechtenstein, a Malta
e a San Marino), 19 volte nelle Americhe, 12 in Africa,
7 in Asia e Oceania. Ha viaggiato quanto gli sarebbe
bastato per compiere 26 volte il giro del pianeta. Ha
potuto visitare Paesi che gli restarono a lungo
proibiti: la Cecoslovacchia (vi andò nell'aprile del
1990, appena caduto il muro), l'Albania (1993), la
Lituania, la Lettonia e l'Estonia (1993), l'Africa del
Sud (1995), Sarajevo (1997), Beirut (1997), Cuba (1998).
Tuttavia non è ancora potuto andare in Russia (e in
nessuno dei paesi a maggioranza ortodossa: Bielorussia,
Bulgaria, Romania, Serbia, Ucraina), in Irlanda del
Nord, in Cina e in Vietnam.
Ma il viaggio dei viaggi, la meta
maggiore è per lui Gerusalemme. Ne parla dall'inizio
del Pontificato e vorrebbe visitarla insieme a tutta la
geografia biblica, in occasione del Grande Giubileo:
"L'idea sarebbe quella di poter camminare lungo i
sentieri del popolo di Dio del Vecchio Testamento e poi
naturalmente arrivare a Nazaret, Betlemme, Gerusalemme.
Io finora ho viaggiato attraverso il mondo, ma alla fine
si deve arrivare nei luoghi sacri, nella terra di Gesu"
(ai giornalisti, 24 gennaio 1994). A Giovanni Paolo
piace viaggiare. Nei viaggi egli realizza il
"ministero petrino", come ama dire, ma esprime
anche la sua vitalità, il gusto di muoversi, di vedere
il mondo e i popoli. Una volta ha parlato della
combinazione di questi due aspetti dei suoi viaggi, che
compie da Papa e da uomo: "Dice il canto polacco:
bisogna attraversare il mondo. Era un sogno. Come
arrivare a questo mondo se è tutto chiuso, se ci sono i
comunisti, se c'è la cortina di ferro? Invece il
Signore, con sua madre, ci ha portato qui a Roma e poi
da Roma nel mondo. "E così - continua il Papa -
con questi viaggi attraverso il mondo ho capito che se
si vuole essere un Papa moderno, aggiornato, non si può
non viaggiare, nel modo contemporaneo del viaggiare che
è l'aereo" (ai giovani di Roma nell'aula Paolo VI,
7 aprile 1995). Forse egli viaggia tanto, in definitiva,
anche perché curioso del diverso e perché la sua anima
è ospitale.
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